lunedì 10 ottobre 2011

Quando la didattica cinofila crea illusioni






Era da un pezzo che non andavo in un campo di addestramento e l’occasione si è presentata con una cucciola di “pastore belga malinois” che una mia amica voleva preparare per il "mondioring"; disciplina in cui questa razza ha pochissimi rivali.

Nel parcheggio del campo c’erano una ventina di persone appoggiate alle loro auto con i cani chiusi nei vari kennel.
Soprassiedo sull’attività che ho visto durante il pomeriggio, anche perché mi sto riferendo ad un professionista francese particolarmente preparato in questa difficile disciplina sportiva; sicuramente uno dei migliori.

Uscendo, la mia amica si è dichiarata “delusa” ed “avvilita” perché – secondo l’addestratore – la sua cucciola era stata “sporcata psicologicamente” e non avrebbe dato grandi risultati, mostrandogli esempi di altri cani presenti della stessa età.
In verità – da cinofilo – gli avevo preannunciato questa sorta di “sentenza”: scarso interesse al morso, un po’ di insicurezza e qualche inibizione dovuta al regime domestico. Una serie di problemi – se così vogliamo chiamarli – classici del cane di oggi che però cozzano con l’eventuale aspetto performante.
A chiudere il cerchio, la confusione creatasi nella sua mente leggendo qua e là di cinofilia nei vari social network.

Mi ha fatto bene quel pomeriggio, se non altro per ricordare a me stesso che il mondo dei cani non gira alla maniera di facebook, ma in un modo molto diverso.
Nei campi di addestramento – almeno in quello, così come nella stragrande maggioranza - si sa poco di etologia, di zooantropologia o di analisi grammaticale, ma in compenso si preparano i cani in un modo formidabile per il mondioring, l’IPO e per i vari brevetti di altrettante discipline cinofile.
Non solo: si preparano anche i proprietari/conduttori, facendogli interiorizzare concetti cardine della relazione uomo-cane sportivo.
La confusione della mia amica, infatti, nasceva più dalla sua formazione fatta attraverso le tante letture che non da altro.
Gli innumerevoli – quanto costanti - scambi di opinione con qualche guru le avevano fatto nascere delle aspettative fuori da ogni ragione e buon senso cinofilo – almeno per un professionista un po’ scafato di quel settore specifico.

Le idee della mia amica – neoproprietaria - si scontravano (per non dire “schiantavano”) brutalmente con una realtà a cui non era affatto preparata e di cui nessuno - a parte il sottoscritto in via amichevole - gli aveva mai parlato.

La didattica cinofila ha una grande responsabilità in questo, e non ritengo certo l’episodio un caso isolato.
Se da una parte oggi vengono insegnate le caratteristiche etologiche dei cani, raffinate maggiormente le consapevolezze nei nuovi educatori per guidarli verso approcci diversi rispetto al passato, dall’altra non si può nascondere un mondo così vasto che raggruppa – di fatto - la maggior parte dei cinofili di tutto il mondo.

Alcune discipline a prima vista non appaiono certo bucoliche, ed è con questa realtà che la didattica deve fare i conti se non vuole rimanere avvitata su se stessa o relegarsi al semplice mondo dei “cani formato famiglia” (mondo sicuramente valido, ma fortemente limitante per chi vorrà considerarsi un "cinofilo").

Qualunque professionista della didattica dovrebbe a mio avviso scrivere di meno e proporre qualcosa di più significativo a beneficio dei neofiti che necessitano di un ponte – di un passaggio – che li traghetti dal vecchio modo al nuovo, e che tenga soprattutto conto dei risultati prodotti fin qui dal primo, se non altro per fotografare correttamente ed in modo onesto la situazione.

Insegnare” significa anche – e soprattutto - questo.
Limitarsi ad intingere di ideologia e buonismo (che spesso nasconde una più realistica “non conoscenza”) la propria didattica non può che formare “illusi preparati”, i quali inevitabilmente crollano alla prima sessione di addestramento di un certo livello.
La cinofilia di tutto il mondo esprime se stessa – e le sue varie discipline – nei campi, non in internet o nelle aule.
A mio avviso vanno quindi messi in luce i tanti lati di questo mondo lasciando al neofita la possibilità di sperimentare, di toccare con mano e di farsi un’idea propria ,esentandosi possibilmente dal nuovo “specismo” - razzismo di bassa lega - che non aiuta nessuno; meno che mai i cani.
La teoria è sacrosanta, così come un’eccellente preparazione tecnica, ma ritengo che debba essere fatta a 360°, e quindi riferita anche alle discipline che il professionista della didattica non ama particolarmente.
Nascondere agli allievi la percentuale più significativa delle attività cinofile o – peggio ancora – giudicarle negativamente creando negli allievi inutili preconcetti non è sintomatico di serietà, né di insegnamento, ma di superficialità e mancanza di onestà professionale.

Ai neofiti che mi chiedono da dove debbano cominciare, quindi, posso solo dire “Non certo da internet”, ma direttamente nei campi di addestramento o presso quei docenti che contemplino il mondo cinofilo nella sua interezza; anche in quella disciplina che il didatta potrebbe condannare come "disdicevole" (siamo nel campo delle opinioni personali, ma pur lecite possano essere vanno prese per quello che sono).
Le ideologie devono restare personali e possono essere decisamente più utili su altri fronti, quali ad esempio, la sperimentazione di tecniche e modi nuovi – quindi la “personalità” - che riescano comunque a dare gli stessi risultati sul fronte pratico.
Il lavoro con gli animali - tutti - è dinamico e completamente svincolato da moduli e metodi standard.
Se io prendessi dieci cani e utilizzassi il medesimo approccio con ognuno di loro, avrei già commesso il primo clamoroso errore.